Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XXI – 03 febbraio 2024.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
La
fonte della giovinezza sembra essere nelle cellule T CAR senolitiche.
L’accumulo
delle cellule senescenti nel corso degli anni contribuisce al declino dei
tessuti legato all’età; l’ablazione genetica di tali cellule migliora la
disfunzione metabolica, la forma fisica e le patologie associate all’invecchiamento.
Piccole molecole dette “farmaci senolitici” sono in
grado di produrre in parte questi effetti, ma richiedono una continua
somministrazione. Corina Amor e numerosissimi colleghi coordinati da Scott W.
Lowe hanno sperimentato una terapia senolitica basata
su cellule T CAR (chimeric antigen receptor), che bersagliano la proteina associata
alla senescenza uPAR (urokinase
plasminogen activator
receptor) ed eliminano senza causare alcun effetto collaterale le cellule
senescenti. Questo trattamento ha migliorato la capacità di esercizio motorio nell’invecchiamento
fisiologico, ha migliorato la tolleranza al glucosio e altri parametri
metabolici. Una singola somministrazione di T CAR senolitiche
è sufficiente per ottenere effetti preventivi e terapeutici di lunga durata. [Cfr.
Nature Aging AOP – doi: 10.1038/s43587-023-00560-5, 2024].
Scoperti
neuroni specifici per vocali e consonanti nella corteccia prefrontale sinistra. Arjun
R. Khanna e colleghi hanno scoperto nella corteccia
prefrontale dominante per il linguaggio neuroni che codificano dettagliate
informazioni circa l’organizzazione fonetica e la composizione delle parole,
durante la produzione dell’eloquio verbale spontaneo. Questi neuroni
rappresentano l’ordine preciso e la struttura degli eventi articolatori prima
della pronuncia; inoltre, tracciano dettagliatamente la composizione in vocali
e consonanti delle parole e sono in grado di distinguere i processi legati al
parlare da quelli legati all’ascolto. [Nature – AOP doi: 10.1038/s41586-023-06982-w,
2024].
La
corteccia somatosensoriale contribuisce alla codifica di movimenti appresi. Non è la corteccia motoria, ma la corteccia
somatosensoriale ad essere responsabile della ritenzione iniziale dei
nuovi movimenti appresi. Shahryar Ebrahimi
e David J. Ostry hanno dimostrato che escludendo la
corteccia somatosensoriale quando l’apprendimento è completo si compromette la
ritenzione successiva, evidenziandone il ruolo. Al contrario, escludendo
funzionalmente la corteccia motoria, non si registrano effetti sulla
ritenzione. Questi effetti sono apprendimento-specifici e indicano che la
corteccia somatosensoriale è parte di un circuito che contribuisce alla
ritenzione e, probabilmente, codifica gli stati sensoriali aggiornati da
apprendimento che guidano il movimento. [Cfr. Ebrahimi
S. & Ostry D. J., PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2316294121,
2024].
L’effetto
antistress della musica non dipende dal genere musicale ma da altri
aspetti. Krisna Adiasto
e colleghi hanno studiato su 470 partecipanti i caratteri della musica in grado
di produrre effetti antistress. La musica efficace è risultata
appartenere a due categorie: a) melodie dolci in tonalità maggiore e b)
brani sostenuti e trascinanti in tonalità minore; coloro che ascoltavano questi
due tipi di musica recuperavano dallo stress più rapidamente di coloro
che ascoltavano sequenze musicali casuali. Lo studio ha rivelato che i
caratteri dell’esperienza uditiva erano più importanti del genere musicale. [Fonte:
Krisna Adiasto, Radboud University, 2024].
Disturbi
dello spettro dell’Autismo (ASD): nuove evidenze sul ruolo causale di FGFR2. Il gene FGFR2 codifica il recettore
per il fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR) di tipo 2, un TKR (tyrosine kinase
receptor) implicato in molti processi biologici. Antonio Gennaro Nicotera e
colleghi hanno fornito nuovi elementi a sostegno di un ruolo causale di questo
gene nei disturbi neuroevolutivi complessi. [Neuromolecular
Medicine 25 (4): 650-656, December 2023].
Cosa
accade dopo la codifica iniziale delle memorie episodiche? Le memorie episodiche sono
codificate da insiemi neuronici attivati dall’esperienza, che rimangono la base
neurale necessaria e sufficiente per il richiamo. Ma l’evoluzione degli engrammi
mnemonici dopo la codifica iniziale non è ancora bene conosciuta e
definita. Douglas Feitosa Tomé
e colleghi, con un approccio sperimentale e computazionale, hanno rilevato l’emergere
di engrammi dinamici e selettivi con il consolidamento mnemonico. Infatti, i
risultati della sperimentazione rivelano che gli engrammi mnemonici sono
dinamici e che i cambiamenti nella composizione degli engrammi,
mediati dalla plasticità inibitoria, sono cruciali per la selettività della
memoria. [Cfr. Nature Neuroscience AOP – doi: 10.1038/s41593-023-01551-w,
2024].
La
frode dei matematici “gonfiati” scoperta da un matematico di Vigo. La matematica è la regina delle
scienze e oggi ha notevole importanza per lo studio del cervello, pertanto le
vicende di questo campo di studi ci interessano da vicino. Domingo Docampo, un matematico dell’Università di Vigo, ha scoperto
la frode dei “cartelli di citazione”: matematici sconosciuti e istituti senza
tradizione o università prive di istituti di matematica di Arabia Saudita, Cina
ed Egitto sono diventati top ranking per citazioni, surclassando
Princeton, UCLA, Stanford e altre gloriose istituzioni accademiche. Citandosi fra
loro in modo esponenziale alcuni matematici asiatici avevano gonfiato all’inverosimile
l’importanza dei loro articoli. Prima di questi fatti, tra il 2008 e il 2010 l’Università
della California a Los Angeles (UCLA) e Princeton hanno prodotto il numero più alto
di studi matematici citati in tutto il mondo, rispettivamente 28 e 27, ma Docampo ha notato che tra il 2021 e il 2023 i matematici
delle tre nazioni citate avevano surclassato tutte le concorrenti americane ed
europee. In particolare, in vetta alla lista con 95 studi super-citati figurava
la China Medical University in Taiwan, che non ha
istituti universitari di matematica (!), mentre nello stesso periodo la UCLA
era riuscita a produrre un solo articolo citato da molti. [Fonte: Michele Catanzaro,
Science, Feb 1st 2024].
La
somma di intenzioni e occorrenze interpretata come volontà sopraordinata.
Una
bias psicologica interpretativa che emerge in tutta la sua evidenza nel
pensiero greco antico, come eredità del modo arcaico di concepire la realtà. Spesso
i fatti della vita sono determinati dall’interazione di comportamenti e
occorrenze più o meno casuali che, ad un’attenta analisi, rivelano la direzione
dell’agire intenzionale dei singoli, anche se nell’accaduto non si compie la
volontà di alcuno dei soggetti in particolare. Un processo mentale, che opera
come un automatismo inconscio, tende ad attribuire a una definita volontà di
qualcuno il concepimento di un disegno all’origine dell’accaduto. Questa tendenza
inconsapevole, evidente nella sottocultura del complottismo e non distante
dalla razionalizzazione che riporta all’esistenza di un “destino”, può
sostenere un atteggiamento mentale che, se condiviso, giunge alla
confabulazione e alla vera propria invenzione mistificatoria.
Nelle
trame mitologiche si può cogliere il farsi cultura di questa tendenza,
attraverso la costruzione creativa basata sull’attribuzione a una volontà
superiore di eventi ordinari che hanno esiti straordinari. Alle nozze di Peleo
e Teti – o, meglio, delle due persone reali poi mitizzate con questi nomi – si decide
un gioco per vivacizzare il banchetto: sarà consegnato un premio alla donna più
bella. Ecco cosa diventa: Eris, la dea della discordia, o più propriamente
della disarmonia, pur non invitata, compare ugualmente fra gli ospiti e pone sulla
tavola del convivio una mela d’oro che reca l’incisione “Per la più bella”; le
tre candidate al premio diventano le tre dee Era, Athena e Afrodite, che con
ogni probabilità sono le tre signore più autorevoli del ricevimento, che si
mettono d’accordo fra loro nel nominare giudice il giovane Paride. Ma da questo
gioco verranno eventi di dimensione storica e, dunque, nel mito si sostiene che
fu la volontà superiore del re degli dei, Zeus, a suggerire il nome di Paride.
Come è noto, il giovane sceglie la dea della bellezza – nella realtà la donna
più avvenente – e, allora, si crea questa trama: Afrodite corrompe il giudice
promettendogli, se sceglierà lei, di concederle l’amore della donna più bella
del mondo, ossia Elena di Troia.
Viste
le dimensioni epocali ed epiche degli eventi connessi con la Guerra di Troia,
la causa non poteva essere identificata in un concorso di circostanze politiche
fatte precipitare dal banale tradimento del marito Menelao da parte di Elena
che ricambia l’amore di Paride, ma doveva essere riportata alla volontà di
Afrodite. Dunque, due volontà superiori a quelle dei mortali protagonisti delle
vicende, ossia quella del re degli dei e della dea della bellezza sono poste
all’origine dei fatti mitizzati. [Brain, Mind & Life Italia, Seminario sull’Arte del Vivere, 2024].
La
scrittura sognata: l’affascinate caso delle origini mitiche della scrittura (parte
prima).
Nella storia dell’umanità la conoscenza – e dunque la coscienza intesa come
consapevolezza – che le lingue siano un’invenzione collettiva e progressiva sviluppata
nei secoli in seno a comunità legate a territori e non una facoltà innata,
appare relativamente tardi. Dalle tracce più remote sulle opinioni nelle
antiche civiltà alle tesi argomentate filosoficamente nel Medioevo, pur con le
differenze dovute a concezioni magiche o di credo religioso, tutte presentano l’assoluta
certezza della natura innata di ogni idioma o parlata: le lingue non sono
distinte dalla facoltà di parlare e pensare mediante parole, ossia articolare
in mente un pensiero nella madrelingua come se si parlasse, ovvero quello che
oggi chiamiamo discorso interno.
Sappiamo
dal papiro scritto in geroglifico ieratico ritrovato da Edwin Smith e
costituente il più antico trattato medico che si conosca (Papiro di Edwin Smith
datato circa 1600 a.C.)[1], che gli antichi medici egiziani, studiando
le malattie, le ferite e i traumi del cranio, avevano già messo in relazione la
parola col cervello; tuttavia, l’opinione prevalente per qualche millennio in
oriente come in occidente legava la lingua parlata all’anima o allo spirito
delle persone. L’ingenua ignoranza sottostante gli esperimenti medievali, in
cui si faceva in modo che dei bambini dopo la nascita non udissero parola
alcuna, per accertare se la lingua spontanea e naturale degli esseri umani
fosse il greco o l’ebraico, ci fa intendere quanto fosse radicata la convinzione.
Questa
premessa ci aiuta a comprendere i caratteri del rapporto che gli individui e i
popoli nel corso della storia hanno avuto con la rappresentazione permanente
della parola attraverso le forme di notazione che vanno dalle pittografie alle
scritture alfabetiche. Era sotto gli occhi di tutti che l’abilità di scrittura
fosse un apprendimento che richiedeva un insegnamento e un impegno in esercizi
graduali fino all’acquisizione di automatismi capaci di conferire padronanza, ma,
quando si trattava di concepire la genesi del codice di rappresentazione, l’immaginario
collettivo inevitabilmente andava alla misteriosa origine della stessa lingua e
del linguaggio.
Il
legame alla dimensione nebulosa e incerta dell’indeterminazione di fatti privi
di testimonianza storica, può aiutarci a comprendere un fenomeno suggestivo, in
quanto non isolato nella diacronia ma diffuso e ricorrente: la nascita della
scrittura di un popolo fatta risalire a un sogno, in miti e leggende
vergati su antichi documenti come resoconti narrativi.
Racconto
del sultano Njoya sulla nascita della scrittura bamum di Fumban. Una notte Ibrahim Njoya, sedicesimo sultano dei Bamoun
di Fumban[2] nell’odierna Repubblica del
Camerun, si addormenta e fa un sogno realistico e meraviglioso che lo
suggestiona profondamente, perché quanto accade nel sogno trascende la sua
esperienza e gli appare come soprannaturale: un uomo sconosciuto gli si
presenta e dice: “Re, prendi una tavoletta e disegna su di essa una mano d’uomo,
poi lava il disegno e bevine l’acqua che risulta”. Nel sogno, Njoya esegue quanto gli viene comandato e poi rende la
tavoletta allo sconosciuto, che la prende e vi traccia sopra dei segni evidenti
alla vista onirica del sultano e tali da imprimersi nella sua memoria e poter
essere rievocati da sveglio; guardandosi intorno, scorge molti allievi che
tracciano i medesimi segni vergati dallo straniero. Al risveglio, Njoya decide di realizzare quanto accaduto in sogno e, poi,
convoca i suoi sudditi e dice loro: “Se disegnerete molte cose diverse e darete
loro un nome, farò un libro che parli senza che lo si debba ascoltare”. Il
racconto è lungo, e questo è il primo di molti tentativi senza successo ma,
dopo tanti sforzi e tanta fatica, il sultano di Foumban riesce a completare l’impresa
di creare un catalogo di simboli tutti diversi fra loro e in grado di rappresentare
i pensieri comunemente espressi nell’idioma orale del suo popolo: i simboli
sono oltre mille e richiedono molto tempo per essere appresi, ma si legge: “La
scrittura era stata trovata; il re chiamò tutti i suoi sudditi e insegnò loro i
nuovi caratteri; ed essi li appresero perfettamente, per la maggior gloria del
re Njoya”.
[continua]
Notule
BM&L-03 febbraio 2024
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